COSTA ATLANTICA
Essaouira, Casablanca, Rabat e Asilah
Martedì 8 Agosto 2006 Essaouira - Km 90538 Flipper Essaouira, ristorante di pesce al porto galleria d'arte di Younnes Bouhali - Association Tilal des Arts Plastiques
Mercoledì 9 Agosto 2006 Casablanca - Km 90.835 Flipper
Casablanca: dopo le
cadute diventa necessaria una riparazione delle borse per riuscire a tornare
a casa senza problemi. Troviamo un vecchio calzolaio che lavora sul ciglio
della strada. I suoi ferri del mestiere sono tutti chiusi in una scatola di
latta e una di legno. Gli affidiamo le nostre borse, e anche i pantaloni da
moto di Flipper. albergo a Casablanca bagno nell'armadio! Giovedì 10 Agosto 2006 Maryan – la Moschea Hassan II
Prendiamo un taxi
rosso e sgangherato appena fuori dal nostro albergo: direzione, l’enorme
moschea Hassan II. Una corsa di 10 minuti al costo di 8DH, regolarmente
documentato da un rudimentale tassametro. Scendiamo sul lato della grande
piazza di fronte al mare, davanti a noi l’enorme minareto, decorato in verde
e blu. I suoi 200 metri di altezza sembrano nulla dato l’ampio piazzale e la
mancanza di termini di paragone, ma una volta arrivati a pochi metri se ne
percepisce tutta l’imponenza. Approfittiamo del fatto di essere praticamente
i soli turisti nei paraggi per fare un po’ di foto indisturbati, e intanto
cerchiamo la biglietteria, a sinistra dell’ingresso principale, giù da una
serie di gradini. 120 DH il prezzo del biglietto, 60 DH per me che sono
ancora studentessa, mostrando carta d’identità e tesserino universitario. Ci
facciamo largo tra un gruppo di spagnoli urlanti e raggiungiamo altri due
italiani che attendono come noi una guida che parli nella loro lingua.
Arriva un ragazzo che con un italiano mediocre ci invita a seguirlo. Il mio
abbigliamento viene ritenuto sufficientemente decoroso, e senza che mi fosse
richiesto di indossare un velo, entriamo. Togliamo le scarpe come
d’abitudine riponendole in un sacchetto di plastica, ed entriamo in questo
enorme edificio, secondo in dimensioni solo alla moschea di La Mecca e a
quella di Medina. Questo luogo sacro è enorme, oserei dire visibilmente
costruito con l’intento di stupire; la Moschea Hassan II è stata costruita
per metà sul mare perché sul Corano è scritto “Il mio trono sarà sull’acqua”
. Essa è in grado di accogliere al suo interno fino a 20000 fedeli, senza
contare delle più di 5000 donne nei matronei e gli oltre 80000 credenti
all’esterno. Il soffitto è apribile, viene aperto solo in occasioni
particolari per evitare che la salsedine possa rovinare le raffinate
decorazioni interne. La guida ci dice che per aprire il soffitto, costituito
da due porzioni che si aprono a tendina, ci vogliono solo 3 minuti e due
invece per chiuderlo. La porta principale è stata costruita con una lega di
stagno e titanio al fine di preservarne l’integrità nel tempo. Gli interni
sono tutti in marmo e in cedro dell’Atlante impreziositi da stucchi, tutti
finemente lavorati con intarsi minuziosi. Gli imponenti lampadari sono stati
creati in Italia a Murano e altrettanto italiane sono le colonne in marmo di
Carrara del Mirhab. Gli stucchi, lavorati direttamente sul posto, sono
realizzati utilizzando come legante l’albume di uovo. In corrispondenza
della porta principale inizia una “passerella” che porta praticamente fino
al Mirhab, tagliando longitudinalmente la moschea in due parti. Questa è
riservata al Re, nei momenti ufficiali cataletti al bordo della passerella
vengono riempiti di acqua a scopo decorativo. Una porzione in vetro permette
di guardare al piano inferiore, dove si trova la sala delle abluzioni.
Nonostante la Moschea sia costruita sul mare, con pilastri di ben 60 metri,
il rischio sismico mviene minimizzato grazie a distanziali posizionati alla
distanza di 20 metri l’un dall’altro. Nella parte vicino al Mirhab troviamo
l’area riservata ai fedeli, delimitata da transenne e dedicata alla
preghiera, orientata ovviamente verso la Mecca, e verso la Mecca è orientato
anche un “laser” che, a detta della guida, illumina il cielo per ben 35
chilometri. Grande si, decisamente grande, ma l’effetto che mi ha fatto non
è stato esattamente quello di lasciarmi a bocca aperta..niente a confronto
della Moschea Blu di Istanbul insomma. Si percepisce la volontà di creare
qualcosa di grande ma sembra tutto così nuovo, così freddo, così
artificiale, senza passato né storia, senza quel profumo di antico e quel
sapore si sacro che riempie l’aria degli edifici religiosi. La guida ci
accompagna poi al piano inferiore per visitare la sala delle abluzioni, dove
i fedeli si lavano mani, bocca, testa e piedi prima della preghiera. In
realtà è una grande stanza sorretta da colonne rivestite in stucco veneziano
preparato con tuorlo d’uovo per resistere all’umidità e contenente decine di
“funghetti” di pietra, le fontane, da cui sgorga quando funzionanti acqua
dolce. Passiamo anche per due bagni, il primo è un bagno turco il secondo un
hammam marocchino. Questi non verranno mai utilizzati e sono stati costruiti
per far comprendere ai turisti le differenze tra i due. La guida infatti ci
spiega che il bagno marocchino e costituito da tre stanze: un calidarium, un
tepidarium e un frigidarium, in questi non c’è vapore al contrario del bagno
turco nel quale troviamo anche una piscina centrale. Risaliti dai bagni, la
visita è terminata. Salutiamo i due ragazzi romani che ci hanno accompagnato
nella visita e prendiamo un taxi in direzione dell’albergo. Giovedì 10 Agosto 2006 Maryan – Rabat Ci incamminiamo a piedi verso la stazione “Casablanca port” con l’intenzione di prendere un treno che ci porti a Rabat. Il tempo stringe e questa è l’unica soluzione per dare una rapida occhiata alla città mentre il calzolaio ci ripara borse e pantaloni. Facciamo al volo i biglietti, 32 dh ciascuno per la sola andata e riusciamo a prendere il treno delle 11.30, in partenza puntualissima entro meno di 5 minuti. Saliamo sui vagoni della seconda classe: niente di diverso rispetto ai nostri treni di pendolari, e allo stesso modo senza posti liberi. Ci appostiamo tra due carrozze e dopo qualche fermata mi fiondo come un falchetto sull’unica poltrona che nel frattempo si è liberata. Le persone accanto a me sembrano decisamente banestanti: il signore alla mia sinistra tiene in mano un cellulare ultrapiatto e indossa un completo elegante. Forse il treno qui non è cosa da tutti, come ci raccontava l’uomo al garage ieri, che vede la sua famiglia solo nel fine settimana perché fare il pendolare sarebbe troppo costoso. Il treno viaggia lungo la costa atlantica. Il mare compare di tanto in tanto alla nostra sinistra mentre la gente sale e scende dal vagone. Un vagone pulito e moderatamente silenzioso. Non c’è il classico vociare che contraddistingue questi mezzi, ma un educato chiacchiericcio sommesso che non copre il rumore metallico del treno che scorre nelle sue rotaie. Mentre Flipper fa le riprese dal finestrino, io mi immergo tra le pagine della guida, per farmi almeno un’idea della città che ci apprestiamo a vedere anche se in poche ore. Un’ora e mezza di treno, e la voce della stazione annuncia prima in arabo poi in francese l’arrivo alla stazione di Rabat. Un signore sul treno ci spiega cha a noi converrà scendere più avanti, alla stazione del centro, e così facciamo. La stazione “Rabat Ville” è molto carina, sulla banchina pensiline e sedie intervallate da aiuole fiorite rendono piacevole l’aspetto di un tale luogo, altrimenti grigio e triste. Usciti dalla stazione prendiamo una grande strada sulla sinistra. Un poliziotto ci impone di cambiare marciapiede: forse il palazzo adorno di bandiere poco più avanti è un edificio importante, oppure ospita qualche personaggio pubblico. A noi non è dato di saperlo. Rabat sembra una città ordinata e pulita. Case bianche dipinte di fresco, prati verdi e giardini, rosse bandiere marocchine ai lati delle strade, in fondo siamo nella capitale, dovrà pur voler dire qualche cosa! Sui marciapiedi non mancano però i mendicanti, che con una mano tesa guardano supplicanti le persone di passaggio, attirando l’attenzione con parole incomprensibili. Raggiungiamo le mura della medina sotto un sole troppo caldo e. mentre ne percorriamo il perimetro esterno, un ragazzo ci si avvicina incuriosito dal nostro parlare italiano. Si chiama Mohammed e studia da tre anni la nostra lingua. Vorrebbe accompagnarci in giro per la sua città sfruttando l’occasione per parlare un po’ italiano. Sul momento non nascondo la mia diffidenza nei confronti di tanta spassionata gentilezza, poi lui ci tiene a chiarire di non essere una guida, e io gli dico che tanto non lo avrei pagato lo stesso, un po’ per scherzo e un po’ sul serio. Il suo sguardo quasi offeso mi toglie ogni dubbio. Sì.. è tutto a posto.. Gli spiego dove vogliamo andare, e si va. Attraversiamo rapidamente una medina fin troppo ordinata, per arrivare alla porta di accesso della Kasbah des Oudaϊas, un quartiere antico della città, affacciato sul fiume. Appena varcata una delle piccole porte, un ragazzo con camicia aperta e cintura slacciata ci si avvicina con fare arrogante. Si presenta come un poco credibile uomo della security e ci chiede dei soldi per entrare e farci accompagnare da lui. Ovviamente è solo il solito furbo in cerca di facili guadagni a cui facciamo chiaramente capire che non daremo soldi. Anche il nostro amico marocchino la pensa come noi, e si spiega nella sua lingua fino a “convincere”il giovanotto. All’interno delle mura ci accoglie un verde giardino di fiori e piante, in cui passeggiamo chiacchierando con Mohammed che ci racconta dei suoi studi, del suo professore di italiano e del desiderio di venire in Italia, desiderio a un passo dal realizzarsi se non fosse stato per i compagni di studio dell’anno precedente al suo che, vinto un viaggio premio, una volta raggiunta l’Italia, hanno ben pensato di scappare non rientrando più, facendo saltare tutti i viaggi degli studenti più giovani. Raggiungiamo la terrazza panoramica di un bar: si affaccia sul fiume poco prima che questi sfoci nel mare. All’ngresso una ragazzina mi prende alla sprovvista e mi fa un tatuaggio all’hennè sul braccio. Le lascio 10dh e cerco un bagno per togliermi di dosso quel brutto fiore venuto decisamente male. Rimango stupita nel vedere Mohammed dare qualche monetina al custode del bagno al posto nostro. Gentilissimo. Ci sediamo alla terrazza, prendiamo dei pasticcini per poi darne indietro la metà visto il costo esorbitante d ben 7dh l’uno.. una follia se paragonato ai 21dh pagati poco prima a Casablanca per un sacchetto pieno di dolci. Mohammed ci offre a tutti i costi il tè alla menta, e dobbiamo imporci per non fargli pagare anche i pasticcini. Passeggiamo un po’ tra le casette bianche e blu di questo antico quartiere, raggiungiamo una terrazza che si affaccia sul mare, da qui si vedono la spiaggia di Rabat e, dall’altra parte del fiume, quella di Salé, città satellite dove vive Mohammed e dove lavora per guadagnare qualche soldo in un internet caffè. Gli lasciamo così il nostro biglietto da visita, a cui si aggiunge l’immancabile scambio di mail e di numeri di telefono. Continuiamo la passeggiata dirigendoci ormai verso l’uscita. Cerchiamo la grande porta Bab Oudaϊa, che dicono essere forse la più bella porta moresca del mondo. Saranno le auto posteggiate davanti, o il fatto che il portone sia chiuso, ma di tanta meraviglia diciamo che non mi è rimasto molto. Delizioso invece Mohammed, che compra per noi due cartoline e ce le regala, con una dedica in italiana per ognuno. Ci salutiamo appena fuori dalle mura.. avremmo voluto accompagnarlo a Salè,accettando così il suo invito.. ma i tempi stringono e abbiamo un treno da prendere.. La torre di Hassan la vediamo solo da lontano.. impossibile non notarla, e ci incamminiamo verso la stazione. Una tappa in libreria alla ricerca del Piccolo Principe in arabo si rivela infruttuosa, ma ci balena un’idea per il regalo di matrimonio a Luca.. un libro di fiabe arabe scritto in francese.. peccato che quelli che ci sono lì siano un po’ troppo difficili per due persone che il francese lo conoscono solo un pochino… però l’idea è buona! Prendiamo il treno della 16,30 per Casablanca. Questa volta un treno nuovissimo, silenzioso e con anche l’aria condizionata. Ci sediamo senza problemi, e mentre Flipper si addormenta, io aggiorno il diario.
Flipper – Casablanca Scendiamo dal treno a Casablanca. La nostra prima preoccupazione è quella di raggiungere il calzolaio.. in 10 minuti siamo da lui e sorpresa! Ha fatto tutto! Lo guardo negli occhi, è felice del suo lavoro in effetti è stato molto bravo, le valigie sono state rinforzate a dovere e non si vede nulla, il pff è stato riparato e i pantaloni cuciti e rinforzati con della pelle nera. Come da accordi mi chiede 140 dh. Praticamente 13,00 euro.. sono felice e soprattutto sono più tranquillo, abbiamo tutto il ritorno, più di 2000 km, e farli con le borse che potevano rompersi da un momento all’altro mi rendeva teso. Il calzolaio vede la mia felicità, facciamo qualche foto, e poi mi dà la sua carta d’identità, prendo i suoi dati, al ritorno gli spediremo le foto, è una promessa e va mantenuta! Torniamo in albergo e prepariamo le valigie “nuove”! A preparativi conclusi la fame si fa sentire e così decidiamo di andare in un ristorantino di vecchi stampo ”Snack Boule de Neige” nella stessa via dell’albergo. L’ambiente estremamente datato, l’igiene no proprio eccellente fan si che dopo aver spizzicato qualcosa ci dirigiamo in una gelateria conosciutissima a Casablanca. 25’ minuti di passeggiata ci allontanano dal centro e ci portano in una zona “in” della città La gelateria è piena di persone, tutte in coda in attesa del loro gelato desiderato. Decidiamo di sederci e ordiniamo due coppe. Un gelato fantastico, se dovessi ricapitare in questa città non mancherò di tornarci. Ora si torna in albergo.. domani si viaggia!
Venerdì 11 Agosto 2006 Assilah - Km 90.835 Flipper Partiamo di primo mattino, vogliamo raggiungere Assilah. Questa e la meta di oggi, porto portoghese sulla costa atlantica a circa 40 km da Tangeri. Prendiamo l’autostrada che si dimostra veloce, la vecchia signora macina i km e alle 15,00 ci ritroviamo in paese. Cominciamo a cercare un hotel.. il primo carissimo, il secondo completo, un sacco di persone ci vogliono portare dove dicono loro (con mancia ovviamente), sono molto insistenti, inoltre in paese c’è un festival e così è tutto un mangia mangia. Stiamo quasi decisi ad abbandonare il posto, quando decidiamo di fare l’ultimo tentativo: Hotel Sahara. Arriviamo all’albergo ed in strada ci accoglie un signore che ci invita ad entrare in maniera insistente, mi sto per arrabbiare, questi si presenta.. è il proprietario di un parcheggio lì vicino.. ora scoppio! Chiedo quanto vuole e mi risponde 10dh.. ok! ora posso pensarci. Maryan nel frattempo chiede una stanza.
Maryan – Assilah La camere doppie non sono più disponibili, il signore dell’albergo ci propone una tripla con tre lettini singoli, un po’ piccola, senza bagno in camera, ma decisamente carina, con due finestre e affacciata su una terrazza centrale, bagne e docce puliti, anche se quelle al piano sono fredde e quelle a caldo sono a pagamento. 186dh.. ok! la prendiamo e ci va di lusso perché entro 5 minuti l’hotel si riempie di gente.. fossimo arrivati poco più tardi, non avremmo trovato posto! Ci facciamo una doccia e ci prepariamo per la spiaggia. Prima però ci fermiamo a pranzo in un ristorantino e mangiamo un sacco di pesce per un prezzo accessibile. Un piatto enorme di gamberetti per me, e dei calamari più tajine di verdura per Flipper. Seguendo la scia della gente in costume e ombrellone raggiungiamo il mare. Alla nostra destra dei ragazzi si tuffano dalla torre dei bastioni, mentre a sinistra la spiaggia. Scendiamo, ci avviciniamo all’acqua, ma attorno a noi tanta gente e soprattutto tantissima spazzatura. E’ indecente vedere come la gente possa convivere con un tale scempio senza rendersi conto di quale splendore potrebbe essere questo posto. Rinunciamo quindi a fare il bagno e decidiamo di passeggiare tra le stradine della città.. casette bianche, finestre blu e sui muri qua e là dei murales dipinti da alcuni artisti partecipanti al festival. Affacciandoci tra i merli dei bastioni, scopriamo una piccola e graziosa spiaggia quasi pulita e con poca gente; decidiamo di raggiungerla per fare lì il nostro bagno nell’oceano. Mentre ci incamminiamo scopriamo poco più avanti una lunga spiaggia, costeggiata da uno stradone adorno di bandiere, vediamo solo una parte di spiaggia, piena di gente e in gran parte fatta di sassi, così piuttosto che proseguire oltre, torniamo alla tranquilla spiaggetta vista dai bastioni. Entriamo in un’acqua freddino ma poi nemmeno troppo.. il brutto è che non è proprio per niente limpida. Già al secondo passo nell’acqua non vedo più dove sto mettendo i piedi, in questo mare color petrolio, e poi le alghe, probabilmente portate dalla stessa marea che crea, in fondo alla spiaggia, delle piscinette di acqua di mare dove giocano i bambini. Attorno a noi poca gente, quasi tutti marocchini. Donne per lo più coperte, alcune completamente vestite accanto a ragazze in bikini.
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